Quale sarebbe l’orario migliore per andare a dormire e cosa sono i “Ritmi Carcadiani”.
Qual è l’orario giusto per andare a dormire al fine di evitare problemi cardiaci? Uno studio inglese ha spiegato che esiste una fascia oraria ottimale per minimizzare i rischi per la salute del cuore, soprattutto per le donne.
Tutto si basa sullo studio dei ritmi circadiani, che sono quei fenomeni fisiologici legati ai ritmi giorno-notte; parola che deriva dal latino “circa” attorno e “dies” giorno. L’uomo, così come gli altri esseri viventi, ha un orologio interno che si è sviluppato nel corso dell’evoluzione su questo pianeta, in conseguenza ai cicli presenti in natura.
La nutrizione, l’attività fisica e il sonno sono tre pilastri dello stile di vita che concorrono al mantenimento della salute umana e sono importanti modulatori dei ritmi circadiani.
In questa visione di salute integrata con la fisiologia e la cronobiologia, si tratta di definire cosa, quanto e quando mangiare, fare movimento e dormire nelle 24 ore.

Se i ritmi naturali vengono ignorati e ci si desincronizza da essi, si alterano i metabolismi interni, come ad esempio il metabolismo del glucosio e la resistenza insulinica, contribuendo a una maggiore suscettibilità rispetto a patologie, quali quelle cardio metaboliche e neurodegenerative
Ad esempio, seguendo un ritmo ideale, di primo mattino si assiste a un aumento della temperatura corporea, una riduzione della melatonina circolante, un picco del cortisolo ed una predominanza del sistema nervoso simpatico (SNS). Questi cambiamenti neuro-ormonali predispongono l’organismo all’assunzione di un buon pasto energetico e allo svolgimento delle varie attività della giornata con una predominanza del metabolismo glicolitico. Al crepuscolo inizia una sequenza di meccanismi opposti che portano alla fase notturna di digiuno, permettendo così in questo lasso di tempo la secrezione della leptina e fenomeni energetici ossidativi, quali il catabolismo dei grassi. Una buona qualità e quantità di sonno assicura la produzione di GH (ormone della crescita), garantisce il corretto funzionamento di meccanismi di riparazione e pulizia cellulare, inclusa quella neuronale (fattore neurotrofico cerebrale BDNF), necessari a mantenere in efficienza la macchina biologica umana.

Il quotidiano Corriere della Sera, nella sua edizione on line, ha mostrato i risultati della ricerca: si è analizzato un campione di oltre 88 mila persone (58% femmine e 42% maschi) di età compresa tra 43 e 79 anni. Tra il 2013 e il 2015 essi iniziarono a effettuare test sull’orario in cui andavano a dormire, cercando di mantenere una certa costanza nel tempo.
Ebbene, circa 3200 partecipanti che hanno avuto problemi cardiovascolari. Se in principio si potesse pensare che sonno e scompensi cardiaci fossero slegati, tramite quest’analisi si è scoperto che non è affatto vero. In particolare, coloro che si coricavano dopo mezzanotte avevano una percentuale maggiore del 25% rispetto a chi si addormentava tra le 22 e le 23; ma pure chi andava a letto troppo presto non ne era esente.
In altre parole, gli studiosi hanno sancito che l’ora ottimale per andare a dormire è intorno alle 22:30. Ovviamente non va presa come una regola ferrea, ma semplicemente come consiglio allo scopo di limitare possibili conseguenze a lungo termine.
Gli scienziati hanno precisato una cosa importante: da questi studi non emerge che ci sia correlazione con la quantità di sonno, ovvero anche coloro i quali dormono meno non hanno alcuno scompenso cardiovascolare.
Al di là dell’orario preciso, i risultati delle ricerche risultano chiari: chi non rispetta i ritmi circadiani corre un rischio maggiore di sviluppare alcuni tipi di tumori. In quasi tutte le nostre cellule esiste un gene che regola la produzione di una proteina, che durante il giorno si accumula per poi diminuire durante la notte.
Insomma, noi esseri umani siamo animali diurni e la “macchina circadiana” è fondamentale per molte funzioni del nostro organismo. Ne consegue che chi effettua lavori notturni e inverte la notte con il giorno può sviluppare numerose problematiche.
IL CIBO COME REGOLATORE

Il cibo è un importante regolatore della circadianità perché è in grado di sincronizzare il clock del Sistema Nervoso Centrale (SNC) con i clock periferici. Ricordiamo che gran parte degli organi possiedono un orologio biologico e seguono un proprio ritmo, come avviene anche per il microbiota. L’ottimizzazione della sincronicità circadiana è legata al segnale indotto dal consumo dei pasti, che dovrebbe essere massimo nelle fasi della giornata in cui l’attivazione dei glucocorticoidi e del SNS è alta (colazione e pranzo) per supportare le fasi di maggiore attività umana. Verso sera, al contrario, andrebbe alleggerito il carico energetico per la cena, che dovrebbe essere più leggera e consumata non troppo tardi. Risulta evidente che tale “timing” è molto diverso dal modello adottato attualmente dalla nostra società, mentre è simile a quello dei nostri nonni o bisnonni e ancora diffuso in alcune zone rurali o montane.
Quindi, affidarsi alla scienza è quasi sempre un bene!
Buon proseguimento. 😉